a cura dell’avv. Patrizia Farinelli
La riflessione trae spunto dalla recente ordinanza della Corte di Vertice che, in materia tributaria, ha ribadito il seguente principio di diritto: “ai fini della tempestiva notificazione del primo atto di esazione tributaria, l’ordinario termine di prescrizione del tributo inizia a decorrere da quando la pretesa tributaria è divenuta definitiva, e pertanto, ove a seguito di pronuncia di cassazione con rinvio, la definitività dell’accertamento fiscale dipenda dalla mancata riassunzione del giudizio ad opera delle parti, il termine decennale di prescrizione inizierà a decorrere da quando il giudizio si è estinto, essendosi esaurito il tempo utile per provvedere alla sua riassunzione”. In buona sostanza il contribuente, che ha vinto contro l’Agenzia delle Entrate in primo ed in secondo grado, ma non ha riassunto la causa a seguito di pronuncia con rinvio della Suprema Corte (adita dalla Agenzia, sempre soccombente) si vede penalizzato e sottoposto all’azione di riscossione perché la pretesa tributaria (annullata, si badi bene, da entrambi i giudici di merito) sarebbe divenuta definitiva. La particolarità della questione riguarda il diverso trattamento “giuridico” riservato al contribuente/debitore nei rapporti con un soggetto di diritto pubblico, quale l’Agenzia delle Entrate, rispetto a quello previsto per un qualsiasi debitore nei confronti di un preteso creditore “di diritto privato”.
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